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AT-TUWANI (R)ESISTE

At-Tuwani è un villaggio palestinese che si trova in Cisgiordania, ostinatamente aggrappato alle brulle colline a sud di Hebron. Con questo nome si indica la zona a sud della città di Yatta, compresa tra la fine dell’espansione urbana e la Linea Verde, limite meridionale della West Bank. La zona, pur trovandosi formalmente in territorio palestinese, è in gran parte “area C”, e cioè sotto totale controllo israeliano. Per qualunque cosa, dalla costruzione di un edificio alla richiesta di uno spostamento fuori dal villaggio, gli abitanti di questa zona devono fare riferimento all’amministrazione, alla polizia ed all’esercito israeliano.

Sul limite nord dell’area si trova, appunto, il villaggio di At-Tuwani, che funge da riferimento per i piccoli centri abitati dell’area. Qui vi è una scuola, una clinica medica e un piccolo negozio. Da secoli gli abitanti indigeni della zona vivono una vita dura, strappando al terreno quasi desertico la possibilità di sviluppare l’agricoltura e la pastorizia, e sviluppando un’economia di sussistenza.

A partire dagli anni Ottanta, dei coloni israeliani hanno installato una cintura di insediamenti1 e avamposti2 illegali nell’area al fine di annettere la terra nell’immediato futuro. La strategia è tanto semplice quanto spaventosa: per prima cosa, si creano dei centri abitati in territorio palestinese, nelle vicinanze della Green Zone; poi, approfittando di una legge israeliana che stabilisce che ogni terreno che non venga coltivato per 4 anni consecutivi diventi proprietà dello Stato di Israele, i centri si espandono il più possibile, occupando altre terre dei palestinesi; nel frattempo, con la connivenza dell’esercito, dell’amministrazione e della polizia israeliane, si rende ancora più difficile la vita agli originari abitanti della zona.

Dopo la deportazione di gran parte della popolazione fuori dall’area, nel novembre del 1999, poi condannata dall’Alta Corte di Giustizia israeliana, che ha permesso ai palestinesi di fare ritorno alle loro case, la situazione è molto difficile. Dal 2000 ad oggi, infatti, i locali sono il bersaglio sia delle pressioni dell’Esercito Israeliano (demolizioni di case, tende, grotte e distruzione dei pozzi dell’acqua; distruzione di raccolti e alberi di olivo; sequestro di mezzi da lavoro; chiusura di strade; divieto di utilizzo delle terre; esercitazioni militari dentro i centri abitati; minacce di morte agli abitanti; arresti dei manifestanti pacifisti; percosse; vessazioni e umiliazioni), sia delle azioni violente dei coloni nazional-religiosi (aggressioni violente alla popolazione, indistintamente uomini, donne, vecchi o bambini; utilizzo di armi da fuoco per scacciare la gente dal lavoro dei campi; furto di raccolti e greggi; minacce di morte; avvelenamento dei pascoli e delle cisterne dell’acqua; divieto di utilizzo delle vie di comunicazione).

In questo clima di odio, in cui la maggior parte dei bambini della zona ha visto picchiati i propri genitori, demolita la propria casa ed ha difficoltà ad andare a scuola a causa degli attacchi dei coloni, che non risparmiano neppure loro, si è sviluppata una forma di resistenza non violenta, fragile fiore nel deserto del silenzio che circonda queste sfortunate terre.

Parte della popolazione delle South Hebron Hills vive in quest’area da molte generazioni, parte è stata costretta a trasferirsi qui, come profuga, in seguito alla nascita dello stato di Israele, nel 1948. Gli abitanti di At-Tuwani (oggi circa 300 persone), guidati da Hafez Hereini, attivista e leader carismatico del villaggio, si sono organizzati e hanno iniziato una lotta nonviolenta per resistere (e sopravvivere) all’occupazione militare israeliana e ai continui soprusi da parte dei coloni del vicinissimo insediamento di Ma’on.

Marce e manifestazioni pacifiche, training sulla nonviolenza rivolti a uomini, donne e bambini, presenza fissa di internazionali che condividono quotidianamente la vita del villaggio (365 giorni all’anno dal 2004), delegazioni da tutto il mondo in visita, contatti costanti con i media nazionali e internazionali, hanno fatto di At-Tuwani, nel corso degli anni, la roccaforte della Resistenza nonviolenta palestinese nelle South Hebron Hills e il punto di riferimento per tutti i villaggi della zona, nonché per le associazioni e le organizzazioni nazionali ed internazionali che si occupano dei diritti umani e delle problematiche legate al conflitto.

Una delle associazioni presenti ad at-Tuwani è Operazione Colomba -il corpo nonviolento di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII- che, dal 2004, si occupa di monitorare l’area, denunciare le violazioni dei diritti umani ed abbassare il livello della violenza. Queste le parole di una volontaria dell’associazione: “non nascondo che ad assistere quotidianamente alla “messa in scena della guerra” fra villaggi di pastori e greggi di pecore belanti, a lungo andare ne viene fuori una sensazione di assurdità tale che, se non fosse per il fatto che tutto questo accade davvero, è realtà e non finzione, ogni giornata sfocerebbe nella più grottesca delle commedie.

Ma purtroppo non è così, il teatro dell’assurdo messo in scena dai coloni e dai soldati israeliani rovina ogni giorno la vita di centinaia di persone, adulti e bambini, che a causa delle continue violenze fisiche, e soprattutto psicologiche, a cui sono sottoposte, vedono drasticamente peggiorare le proprie – già difficili – condizioni di vita”.

Rielaborato da www.operazionecolomba.org

1E’ detto insediamento il centro abitato israeliano costruito sui Territori Occupati Palestinesi. Per il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, gli insediamenti sono illegali in quanto infrangono la IV Convenzione di Ginevra, sottoscritta anche dallo Stato d’Israele.

2È detto outpost (avamposto) la recente espansione degli insediamenti o la nuova creazione di insediamenti. Gli outpost sono fatti di baracche-container, spesso protetti da recinzioni e soldati ma realizzati senza alcuna autorizzazione ufficiale dello Stato d’Israele.

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