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BENI CONFISCATI: NASCE A CATANIA LA COOPERATIVA "BEPPE MONTANA"

di Enrico Sciuto – 15 agosto 2010
Catania. L’escalation corleonese contro la Squadra Mobile di Palermo ha compiuto venticinque anni e le sigle del movimento antimafia raccolte in “Libera” si sono ritrovate a Catania il 28 Luglio, per ricordare Beppe Montana, Ninni Cassarà e Roberto Antiochia in modo irrituale: con la concretezza dei fatti. L’esperienza dei beni confiscati è approdata sotto l’Etna il giorno prima, con l’istituzione della prima cooperativa catanese “Libera Terra”, sorta nelle terre che furono del clan Riela, nei Comuni di Belpasso, Motta S.Anastasia e Ramacca.

Sul modello delle più longeve esperienze palermitane, anche a Catania i beni sono stati affidati a giovani inoccupati. A loro il compito di lavorarvi sotto il marchio “Libera Terra”, nell’area che da oggi avrà il nome di “Cooperativa sociale Beppe Montana”. Trenta ettari di terra che segnano un ritorno a casa, più che un riconoscimento post mortem, per il commissario originario di Catania, assassinato a Palermo. Lucio Guarino, direttore del “Consorzio Etneo per la Legalità e lo Sviluppo”, spiega che l’obiettivo è reimmettere nel circuito legale le proprietà, prevalentemente agricole, <<garantendo trasparenza nella gestione ed evitando che i beni diventino oggetto di scambio politico- elettorale>>. <<Trentamila ragazzi stanno trascorrendo le vacanze nei beni confiscati alle cosche.>>, dice Don Ciotti. E’ <<un modo per costruire la speranza, termine che deriva da “Spes”, “piede”, ovvero un modo per continuare a camminare>>. Il sacerdote torinese ha evocato i fondamenti di questa speranza, la memoria e l’educazione, <<contro la mafia che uccide i diritti, quei diritti che sono l’unità di misura della giustizia>>. Il richiamo alla Costituzione e al diritto al lavoro, oggi negato, non è casuale. Anche Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria- Sicilia, ha parlato di <<una società siciliana priva di diritti economici, e dunque preda del fenomeno mafioso>>. E ha chiuso rilevando che <<oggi la democrazia non funziona, perché nel Meridione si è puntato, non su un modello di sviluppo produttivo, ma sulla redistribuzione clientelare e assistenziale>>. <<Un modello>> che, secondo Lo Bello, <<ha ormai fatto il suo tempo>>.

Tratto da: loschiaffo.org

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