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RASSEGNAZIONE GELATINOSA?

Domenica sera. Pian piano si spegne il riposo e comincia la nuova settimana.

Quella che è appena passata ha portato ad ognuno esperienze diverse e a tutti le solite cose.

In questi giorni è scoppiato lo scandalo della Protezione Civile: lo scandalo della gestione non trasparente e clientelare di appalti, grandi opere e ricostruzione, da un capo all’altro del nostro Paese.

Niente di nuovo, si è detto, non è una notizia che politici e amministratori si interessino di appalti.

Non è nuovo per i cittadini neppure il cogliere qualcuno di loro con le dita nel barattolo, la bocca sporca di marmellata, la scusa pronta.

La prossima settimana ce ne ricorderemo ancora?

C’è chi ha riscontrato in questa vicenda l’emergere di un modello, quello del trauma e del miracolo, dell’emergenza risolta con un prodigio, che sempre più caratterizza in Italia la gestione delle catastrofi naturali, come anche delle grandi opere. Di tutte quelle occasioni, dunque, in cui lo Stato-costruttore finanzia con soldi pubblici piccole e grandi opere -sacrosante in alcuni casi, più discutibili in altre- e gli imprenditori accorrono.

Repubblica parla di questo modello come del fondamento della “politica del fare”, quella in cui “il sovrano decide l’eccezione rimescolando l’emergenza con l’urgenza e infine l’urgenza con l’ordinarietà.” Quella che trascina lo Stato nel “vuoto di diritto” in cui “cade ogni regola. Si umilia la legge. Il governo può affermare l’assolutezza del suo comando. Lo affida alla potenza tecnologica della Protezione civile, libera di decidere – al di là di ogni uguaglianza di chances – progetti, contratti, direzione dei lavori, ordini, commesse, consulenze, assunzioni, forniture, controlli.[1]

Una politica del fare, questa, che sfrutta l’evento straordinario, il subbuglio mediatico che ne consegue e l’incostanza dell’attenzione umana, approfittandone per liberarsi dei limiti e delle scomode regole del gioco. E che forse non è circoscritta soltanto a questo particolare ambito. Non è infatti, per esempio, la stessa logica che domina la reazione del Governo di fronte ai flussi migratori o ai problemi che l’emarginazione sociale, lo sfruttamento e l’orientamento sempre più razzista della società in cui viviamo sollevano? Non sembra anche a voi di averla già vista all’opera, sotto altre forme, ma intonsa nella sua sostanza, nei provvedimenti salva-calcio, salva-Alitalia, anti-crisi…?

In un panorama del genere non possono quindi che rincuorare le parole del presidente della Camera che ricorda a cittadini e colleghi come “in uno stato di diritto le procedure non possono essere considerate come degli inutili orpelli da derogare fin troppo facilmente in qualsiasi momento e chi gestisce risorse pubbliche deve sempre ricordarsi che agisce in nome e per conto della comunità[2].

Non è cieco legalismo che fa gioire di questo -istituzionalmente dovuto- intervento. É piuttosto la consapevolezza che, se anche spesse volte le regole non sono realmente poste nell’interesse generale, esse sono pur sempre preferibili all’assenza di norme, alla deroga che lascia il campo alla nuda forza (nel caso di specie, a quella economica) e che non richiede a chi la possiede neppure una giustificazione razionale e pubblica del proprio operato. É la consapevolezza che, proprio dove non ci sono regole o dove queste non sono capaci di essere efficaci, quel cancro che è la mafia, con il suo potere oggi più che mai economico, prolifera.

Per fare un esempio, il pericolo di infiltrazioni mafiose nella ricostruzione degli edifici distrutti dal sisma in Abruzzo e nella gestione dell’emergenza è stato evocato più volte fin dall’inizio dei lavori ed è stato denunciato, già nel dicembre del 2009, da un giornalista abruzzese: Angelo Venti. Il giornalista di Libera ha parlato di “un sistema ben oliato che consente ad amici e amici degli amici di spartirsi la ricca torta dell’emergenza e della ricostruzione” e che ha permesso, attraverso il meccanismo delle ordinanze straordinarie, di “aggirare regole e norme dello stato di diritto e operare, con il pretesto dell’emergenza, in deroga a tutto, anche alla Costituzione[3].

Angelo Venti sarà ospitato da Unilibera il 10 marzo, nel corso del quarto incontro del progetto “Come la mafia si fa impresa”, dedicato all’infiltrazione mafiosa nella gestione degli appalti.

La reazione di fronte all’ennesimo scandalo è di schifo. Per fortuna è ancora così e la denuncia è -chissà poi quanto genuinamente- bipartisan. Ma, si sa, queste son cose che durano poco. Pian piano i giorni passano, ognuno con il suo carico di novità e di scandali, in un botta e risposta temporale che sembra averci svuotati della capacità di fare memoria. Spesso non resta che il vago sentore di un qualcosa che non va, il cinico pensare che le cose non possano andare che in questo modo, la sensazione sgradevole che dal contatto con “i sistemi gelatinosi” ci rimanga qualcosa attaccato alla pelle…

È allora che occorre farsi un bel bagno. Lavare via i tentacoli appiccicosi, la logica del sistema e la rassegnazione del “devo adattarmi”. Per cominciare la settimana che viene con la lucidità e l’integrità necessarie per far cambiare le cose.


Alessandra-Unilibera



[1]    Giuseppe D’avanzo, “I compari e la Triarchia. Il sistema dell’emergenza”, Repubblica, 19 febbraio 2010

[2]    Gianfranco Fini, 19 febbraio 2010

[3]    Angelo Venti, “L’Aquila-Bertolaso e l’emergenza terremoto in Abruzzo”, 2 dicembre 2009, in Site.it

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