Unilibera – presidio Roberto Antiochia Rotating Header Image

CARMELO JANNI': UNA STORIA DA RICORDARE….

Trentuno anni fa veniva ucciso da Cosa Nostra un semplice cittadino, Carmelo Jannì. Perchè ricordarlo ancora? Perchè a distanza di anni un esempio di così alto senso del dovere e coscienza civile potrebbe aiutarci a cambiare questa società, compito arduo, ma se nel 1980 pochi uomini credevano concretamente che il loro contributo poteva aiutare, anche se in un piccolo ambito, la causa della giustizia, soprttutto in anni in cui la parola d’ordine era “la mafia non esiste”, da parte nostra sottrarsi dal seguire quell’ideale significherebbe tenere un atteggiamento di contiguità e complicità con determinati comportamenti da respingere e condannare.

Di seguito il racconto su Carmelo Jannì e la sua storia fatto da sua figlia Roberta.

Era agosto del 1980 ed eravamo una famiglia serena composta da papà Carmelo (46 anni), mamma Giovanna (44 anni), io (Roberta 16 anni) e le mie due sorelle: Monica (11 anni) e Liliana (18 anni). Nostro padre gestiva un albergo, in riva al mare, che si chiamava “ Riva Smeralda” a Villagrazia di Carini (Pa) a pochi km. dall’aeroporto di Palermo. Questo mestiere gli piaceva molto; lo faceva stare insieme alla gente ed il mondo del turismo lo attraeva molto. Da un anno aveva iniziato a ristrutturare l’albergo, ovviamente indebitandosi, e su tre piani è riuscito a finire appena il primo. Un giorno la polizia gli chiese aiuto. Erano sulle tracce per arrestare dei marsigliesi che vennero ad alloggiare in albergo ma non avevano ancora le prove. Nostro padre, idealista ed ottimista, disse di si. Ovviamente, a noi non disse nulla per non farci preoccupare. Così, camuffati da portiere d’albergo e camerieri, gli uomini della polizia si infiltrarono nel nostro albergo per intercettare telefonate e conversazioni importanti per le loro indagini. Dopo una ventina di giorni di soggiorno nel nostro albergo i volti dei tre clienti marsigliesi li abbiamo visti al telegiornale mentre li arrestavano: li hanno presi mentre stavano insegnando ai siciliani il metodo di raffinazione dell’eroina. Erano dei chimici professionisti francesi e stavano facendo formazione in Sicilia. I poliziotti che fecero irruzione nella villa, sede operativa della raffinazione, arrestarono i tre marsigliesi e, insieme a loro, un importante latitante Gerlando Alberti detto “ u paccarrè” . La polizia commise un grave errore: gli agenti che fecero gli arresti erano gli stessi che si infiltrarono in albergo camuffati da dipendenti. Quindi, non dovettero nemmeno perdere tempo ed energie per capire quanto papà avesse avuto un ruolo importante nell’indagine. Nel 1980 non esisteva ancora il fenomeno del pentitismo e quindi un aiuto con le forze dell’ordine di un cittadino qualunque non era neanche ipotizzabile. In quegli anni l’omertà prevaleva su tutto e su tutti. Si dice, addirittura, che la mafia non esisteva nella realtà ma soltanto nei film. Anche tra noi ragazzi, nelle scuole, si “ raccontava” della mafia come fenomeno che toccava pochi e solo quelli che commetteva atti di delinquenza. Si diceva: “ tanto di ammazzano tra di loro ….!” . Carmelo Iannì era un esempio che andava eliminato subito. Tutti dovevano sapere che questo comportamento non era da copiare. E ciò anche per evitare ripercussioni negative sul traffico di stupefacenti con l’estero. Quattro giorni dopo l’arresto, il 28 agosto 1980, in pieno giorno, due giovani a volto scoperto entrarono nella hall dell’albergo e hanno ucciso Carmelo Iannì con dei colpi di pistola. Mia sorella Monica, 11 anni, era molto vicino ed ha sentito gli spari. Persone l’hanno presa al volo e l’hanno portata lontano. Mia madre, accanto a mio padre e due turisti ospiti hanno assistito all’accaduto. Per fortuna io e Liliana non abbiamo assistito perché eravamo fuori dall’hotel. I giornali locali, l’indomani, in prima pagina, a caratteri cubitali, scrissero cose bruttissime sul conto di Carmelo Iannì. Dissero che si trattava sicuramente di un regolamento di conti su storie di droga. Soltanto dopo un po’ di giorni scrissero la verità con dei piccoli articoli ma, essendo notizia già vecchia, su pagine in fondo al giornale. Trasmissioni televisive come “ Maurizio Costanzo Show” e diversi libri sull’antimafia parlarono di lui associandolo spesso all’omicidio del giudice Costa accaduto pochi giorni prima e questo costituì, per me e la mia famiglia, l’unica magra consolazione. Parlavano di lui come eroe sottolineando come lo Stato non riesca a proteggere i cittadini che cercano di rompere il muro dell’omertà. Nessun cittadino rischia la propria vita per aiutare lo Stato. La nostra famiglia era distrutta. Dovevamo pagare i debiti che nostro padre aveva contratto (aveva da poco avviato la pratica per l’acquisto dell’hotel) e non c’era tempo per addolorarsi; dovevamo darci da fare. Vendemmo metà dell’unica casa che avevamo a Palermo e grazie anche ad uno zio che ci ha dato un grande aiuto, riuscimmo a sbrigare le pratiche per cedere l’attività alberghiera. Io e le mie sorella avevamo sogni, volevamo fare l’università, avevamodei progetti ma fummo costrette, insieme a nostra madre, a trovarci subito un lavoro: io e Liliana come ragioniere sotto pagate e la mamma si mise a fare riparazioni di sartoria. Non si può trasmettere, dal punto di vista umano, cosa e come abbiamo vissuto la tragedia. Oggi, solo dopo oltre 25 anni, riesco a parlarne (mia sorella Monica non riesce ancora a parlare di mio padre) e a trasformare la mia rabbia in qualcosa di positivo: far conoscere il più possibile alle nuove generazioni cosa è riuscita e ancora riesce a fare la criminalità nella nostra terra. Il degrado della Sicilia, la sotto cultura, il suo mancato sviluppo (malgrado le potenzialità ) sono il terreno fertile per la criminalità organizzata e noi, come altri familiari che abbiamo vissuto questa tragedia, abbiamo il dovere di darne testimonianza diretta anche se per noi è un compito molto difficile. Il processo si è chiuso e il mandante è stato proprio Gerlando Alberti che diede l’ordine di uccidere papà dal carcere. Per i suoi numerosi omicidi sta scontando l’ergastolo. Gli esecutori non sono mai stati individuati.

 

da: http://www.familiarivittimedimafia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1110&Itemid=278

0 Comments on “CARMELO JANNI': UNA STORIA DA RICORDARE….”

Leave a Comment