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MENO PUBBLICITA’, STESSE RETI

Per elevare il tasso culturale della rete televisiva pubblica, il Ministro della Cultura, Sandro Bondi, ha proposto di eliminare la pubblicità da una rete RAI. Meno pubblicità. Meno vincoli. Più libertà di creare programmi culturali e di approfondimento che interessano anche un pubblico ristretto.
Bella idea.
Ma, come sottolinea una riconferma del Consiglio di amministrazione della Rai, Giovanna Bianchi Clerici, “la proposta Bondi è superata dall’avvento del digitale terrestre: a fine anno 10 milioni di italiani, dal Lazio alla Campania al Piemonte, avranno accesso ai nuovi canali tematici. Il problema non si pone”.
Il problema infatti si dovrebbe porre prendendo anche in considerazione l’enorme fortuna che ne deriverebbe la rete privata Mediaset, che, nel caso in cui la proposta divenisse effettiva, deterrebbe la maggioranza delle reti nazionali. Se si toglie pubblicità a una rete Rai, questa andrà a confluire nelle altre reti nazionali: le due rimanenti della Rai, le tre di Mediaset e quella di La7.
Prima di risolvere il problema della culturalità della Rai, che certo pertiene a tutti coloro che pagano il canone, forse bisognerebbe iniziare a rispettare quel provvedimento giudiziario stabilito, quindici anni fa, dalla Corte Costituzionale: i privati, non possono possedere più di due reti televisive attive sull’analogico terrestre. Quindi Retequattro, per poter continuare a trasmettere, o doveva essere venduta, o trasmessa al di fuori dell’analogico terrestre, ovvero su satellite.
Dopo la concessione, nel 1999 delle frequenze a Europa7 di Francesco Di Stefano, tre provvedimenti sono stati varati: la legge Maccanico, il decreto legge soprannominato “salva Retequattro” e la legge Gasparri.
Il 31 gennaio 2008 La Corte di Giustizia Europea ha però stabilito che questi tre provvedimenti non rispettano le direttive europee e che le frequenze di Retequattro sono illegittime.
Facciamo quindi proposte nuove, certo, ma soprattutto iniziamo a rispettare i provvedimenti giudiziari che ci sono già.
Così noi cittadini eviteremmo, ancora oggi, di pagare 300 mila euro al giorno per le sanzioni europee, dal Luglio 2006.

Ilaria Nerotti

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