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NEL NAPOLETANO TORNANO I RIFIUTI. CUMULI ABBANDONATI ANCHE IN CITTA'

di Roberto Fuccillo

ORE 10.20. Il luogo è simbolico, via Poggio Vallesana, fra il quadrivio della rivolta e l’odiata discarica di Chiaiano. Su un lato della strada arriva il raccoglitore. Finalmente, perché i cassonetti sono pieni e molti sacchetti sono a terra. Poca roba, certo, per chi ricorda il vertice della crisi, ma pur sempre un indizio di come il sistema può sovraccaricarsi. Nel frattempo, dato che il luogo è simbolico, la spazzatura qui assume anche un’altra veste: sull’altro lato della strada ecco un montarozzo di manifesti elettorali stracciati e lasciati lì a marcire. Da qualche parte il tempo si è fermato.

Quarto, ore 11 circa. La cittadina flegrea ha un luogo che è cartina di tornasole, il ponte sotto la ferrovia all’ingresso dell’abitato. All’epoca più dura i rifiuti si arrampicavano sulla campata, ma anche oggi i cassonetti sono stracolmi, l’esposizione dei sacchetti con i marchi dei supermercati in zona è degna di una analisi sociologico-commerciale. Ma tutt’intorno c’è una sorta di indotto: il materasso sventrato, la sedia imbottita dalla gambe spezzate, una bacinella, un passeggino giocattolo.

MAPPA Le aree di Napoli e provincia dove sono tornati i rifiuti
LE FOTO Marano | Giugliano | Quarto | Via Ruoppolo, Vomero | Chiaiano

Quarto è di nuovo in ginocchio. Il cumulo del ponte è solo l’ultimo di una lunga sequela che inizia in realtà a Marano e costeggia tutta l’arteria che collega i due Comuni. Sotto un muraglione c’è una sterpaglia accumulata dal taglio delle piante in chissà quale giardino. Dall’altro lato della strada una teoria di mobili bianchi da cucina. Ti fermi per prendere nota e un paio di ragazzini, timidi, ti allontanano: “Spostatevi, questa è la fermata del bus”. Bisognerebbe saperlo. E poi l’aria già stordisce con i primi miasmi della fermentazione sotto la canicola.

La via crucis inizia in realtà alla rotonda fra la strada Marano-Quarto e via Recca. Sacchetti neri e buste di plastica bianca provenienti dai negozi. Dentro bottiglie di plastica e piatti di carta con resti di sugo buoni per i randagi. Poi vetri ovunque, televisori sventrati, gli immancabili copertoni, avvolgibili bruciati. Bruciati anche i resti di una palma, e, dalla cenere del rogo, che produce altri groppi alla gola, ecco anche una scatola con il kit di Sky e lo slogan: “Non smettere di sognare”. Sarà per continuare a sognare, fatto sta che un mano pietosa ha depositato qui anche una vecchia bambola, ma evitando di buttarla nel mucchio, l’ha lasciata su un muretto di fronte, seduta, quasi a far da sentinella. Ci sono anche i cassonetti, ma i rifiuti stessi li hanno spinti quasi in mezzo alla carreggiata. Più vicino all’a bitato di Marano, altri cumuli fanno la guardia ai cancelli chiusi del “bocciodromo comunale” o a quelli dell'”Impianto di sollevamento idrico C2″.

Come sempre, la spazzatura domestica quotidiana è frammista allo scarto di civiltà con il quale si decide di lasciare al sole divani, elettrodomestici, materassi, molle di materasso. Sprazzi di questa inciviltà si trovano anche a Napoli. Le aiuole davanti ai giardinetti di via Ruoppolo sono poco più di uno spartitraffico, ma qualcuno deve averlo preso per una sorta di giardino di seconda mano: ecco così buttate lì sedie e tavoli di plastica, di quelli da giardino appunto. E poi il solito televisore fatto a pezzi, la batteria d’auto consumata, una tavola di compensato che nessuno rimuove da chissà quanto visto che i piccioni l’hanno picchiettata di deiezioni fino a farne una sorta di quadro astratto. E ci sono posto dove la lotta è impari. Sotto gli svincoli autostradali nella zona di San Giovanni a Teduccio si intuisce che il terreno è stato anche dragato, ma le piazzole restano un accumulo di latte, laterizi, elettrodomestici. Nella vicino dedalo di viuzze fra via Brin e via Gianturco i marciapiedi sono coperti di pezze e giochi provenienti dal vicino mercato cinese, plafoniere di vetro, un girello per bambini, amplificatori stereo arsi dal sole.

Inciviltà cittadina. Disfunzioni nella raccolta, come a Quarto. Ma anche vere e proprie discariche anonime. Il territorio è quello di Giugliano, il luogo una traversa di via Santa Maria a Cubito, poco oltre il mercato ortofrutticolo. Una strada che dovrebbe portare alle campagne e invece introduce all’inferno: quasi 600 metri di scarti di ogni tipo, dal tacco di una scarpa da donna ai depositi di mele annurche buttate lì. E poi bidet, cumuli di pellame (evidente scarto di lavorazioni industriali vicine), i soliti copertoni, una macchina a pezzi, lamiere dietro le quali si indovina la presenza di Eternit. Tutto alla rinfusa, senza soluzione di continuità. A mezzogiorno passa un trattore. “Scusi, come si chiama questa strada”. Il contadino sfodera il sorriso amaro e la toponomastica della sapienza: “Strada della vergogna”.

(26 maggio 2009)

Tratto da “La Repubblica” di Napoli




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