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CASERTA: OLTRE DUEMILA PERSONE MARCIANO PER "DIGNITA'" E "SALARIO"

“Ieri i padroni, i padroncini e i caporali hanno scoperto che non possono contare su schiavi o bestie da lavoro, ma hanno di fronte persone e lavoratori che hanno diritti e che sanno anche difenderseli e conquistarli con la lotta”. Così si è espressa Mimma D’Amico, uno dei coordinatori del Centro Sociale ‘Ex canapificio’, parlando a Caserta con i giornalisti, prima della partenza della manifestazione organizzata dal Movimento antirazzista e dal Movimento migranti e rifugiati della Campania. “Ieri – ha aggiunto – sono scesi in piazza nel Napoletano e in Campania gli immigrati che hanno occupato pacificamente le ‘rotonde’ stradali di Baia Verde, Villa Literno, Casal di Principe nel casertano, Giugliano, Qualiano, Pianura, Afragola e Scampia dove ogni giorno vengono arruolati dai caporali. Si tratta delle località dove al mattino si svolge il ‘mercato delle braccia’.

Oggi a Caserta prosegue la mobilitazione dei lavoratori migranti finalizzata a rivendicare i propri diritti, la dignità ed il salario”. Al corteo, partito dalla stazione ferroviaria di Caserta, con in testa il sindaco della città, Nicodemo Petteruti, esponenti delle associazioni antirazziste, del volontariato e rappresentanti sindacali partecipano, secondo una prima stima, oltre duemila persone, in massima parte immigrati giunti in treno ed in pullman in prevalenza da Castel Volturno, da altre località del Casertano ed anche del Napoletano. I manifestanti stanno sfilando per le strade del centro storico e raggiungeranno piazza Vanvitelli dove una delegazione sarà ricevuta in prefettura.

LA PROTESTA DI IERI

NAPOLI – Hanno esposto cartelli con la scritta “Oggi non lavoro per meno di 50 euro”. Uno slogan per denunciare una condizione di sfruttamento, resa ancora più grave dalla crisi che ha investito soprattutto le piccole e medie aziende, ma soprattutto una seria preoccupazione per il futuro.

Centinaia di lavoratori immigrati oggi sono scesi in piazza nelle province di Napoli e di Caserta, occupando pacificamente le “rotonde” stradali dove ogni giorno vengono arruolati dai caporali: il luogo dove si svolge un mercato delle braccia che da mesi è sempre più al ribasso. Dodici ore di lavoro nei campi o nelle imprese edili, ma anche in aziende che si aggiudicano importanti subappalti, per una paga che va dai 25 ai 30 euro. Ma non manca chi, per mansioni meno impegnative come quelle di facchino o giardiniere, percepisce appena 15 euro. Tra gli immigrati c’é il timore che di questo passo si debba andare a lavoro solo per portare a casa un panino.

Così questa mattina all’alba si sono ritrovati alle rotonde di Baia Verde, Afragola, Villa Literno, Casal di Principe, Giugliano, Qualiano, Pianura e Scampia ma quando sono passati i datori di lavoro e i “caporali” (che fanno la mediazione percependo del denaro) hanno detto no mostrando i cartelli. A protestare sono stati innanzitutto ghanesi e nigeriani. “E’ stata una bella manifestazione – dice soddisfatto Alfonso De Vito, della rete antirazzista – perché queste persone oggi hanno rinunciato ad un guadagno, ma innanzitutto perché hanno avuto il coraggio di scendere in piazza, metterci la faccia e sfidare i caporali”. Particolarmente significativo il presidio di Baia Verde, proprio nella piazzetta dove due anni fa al termine di un concerto per le vittime di Castel Volturno morì Miriam Makeba, mamma Africa, e che i ragazzi del Ghana e della Nigeria hanno voluto ricordare con particolare affetto.

Certo, “l’impegno per far terminare questa spirale di sfruttamento è molto lungo”. Joseph, 39 anni, immigrato ghanese da nove in Italia, è uno dei tanti immigrati che questa mattina ha protestato. Fa di tutto: il bracciante in estate nei poderi della zona raccogliendo frutta e ortaggi per 12 ore al giorno, il manovale, il facchino ed il giardiniere ma il suo sogno è quello di non “essere più trattato come uno schiavo”. “Di certo se uno si adatta – dice in un italiano stentato – la fatica non manca ma pur lavorando 30 giorni al mese è difficile vivere con al massimo 900 euro”.

Una cifra con la quale bisogna far fronte all’affitto, al pagamento della luce, del gas e quel poco che resta si spende per il cibo. E così il sogno che ha spinto tanti immigrati a fuggire dalla fame si sta trasformando in un incubo, nel quale si vive lontano dagli affetti più cari, a migliaia di chilometri da casa.

il 09 OTTOBRE 2010

tratto da ANSA.it

link:    http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2010/10/08/visualizza_new.html_1734593105.html

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