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Pensiero di un dottorando del Politecnico di Torino

Su questa riforma abbiamo tutti un’opinione: studenti, docenti, ricercatori, maestre, alunni, in tutti ogni giorno cresce consapevolezza e bisogno di informarsi.
Riporto il resoconto fatto da un dottorando del Politecnico di Torino.

Riforma universitaria e scolastica: perche’ tanta mobilitazione?

“Ciao!

Cosa stai leggendo:
Il tentativo di spiegare in breve il perche’ della mobilitazione
dell’universita’ e della scuola di questo periodo.

Motivazione:
1) I media non stanno facendo informazione
2) la gente con cui si discute dimostra di aver capito poco della vicenda

Punti salienti:
1) – TAGLI ALL’UNIVERSITÀ: – 20% del FONDO di FINANZIAMENTO ORDINARIO
Diminuzione di 1,5 miliardi di euro del Fondo di Finanziamento
Ordinario, col quale gli atenei pagano oltre l’80% del personale. A
pagare le conseguenze dei tagli
saranno in primo luogo gli studenti che vedranno ridotta l’offerta
formativa e/o saranno chiamati a pagare per attività didattiche
aggiuntive e/o subiranno un incremento delle tasse universitarie e/o
vedranno fortemente compromessa l’attività post-laurea (fondi per la
ricerca, assegni di ricerca e borse di dottorato).
Si fa presente che paradossalmente il taglio di 1,5 miliardi di euro
costituisce cifra risibile rispetto ai 5 miliardi di euro stanziati
per il salvataggio dell’Alitalia e rispetto a quanto verra’ presto
stanziato per il rifinanziamento delle banche in crisi. Assurdo questo
taglio, visto che l’Italia e’ gia’ al penultimo posto tra i Paesi OCSE
(ultima la Slovacchia) per percentuale di fondi statali destinati alla
ricerca publica (0.9% del PIL in Italia, 1.5% del PIL e’ la media OCSE
attuale, 1.9% e’ la percentuale USA e addirittura 3% e’ l’obiettivo
che gli Stati OCSE si sarebbero impegnati a raggiungere entro il
2010… noi, siamo a cavallo e in leggera controtendenza!…)

2) – TRASFORMAZIONE DELLE UNIVERSITÀ in FONDAZIONI (ENTI di DIRITTO PRIVATO)
L’art. 16 concede a tutte le Università la possibilità (con
l’approvazione della maggioranza assoluta del Senato Accademico) di
diventare enti di diritto privato. Essi avranno la titolarità del
patrimonio delle Università e dei beni immobili, potranno deliberare i
propri statuti e i regolamenti amministrativi in deroga alle norme
dell’ordinamento contabile dello Stato. Perche’ questo puzza?
a) Non vi sara’ il limite attuale sulla richiesta di tasse agli
studenti (oggi le entrate nel bilancio di ogni ateneo possono essere
costituite AL MASSIMO per il 20% dalle tasse degli studenti). Quindi
e’ probabile che l’universita’ diventi luogo elitario, per chi se lo
potra’ permettere.
b) Non ci si avvicina al modello americano, ma lo si emula in
negativo. In USA le universita’ private hanno statuti speciali che
vietano loro di avere come obiettivo il guadagno. In Italia non vi e’
ad oggi nulla che sventi questa possibilita’.
c) Le universita’ avranno come obiettivo non piu’ la qualita’ della
didattica e della ricerca, ma il bilancio, come ogni azienda privata.
d) Si dubita che i docenti e i ricercatori continueranno ad essere
liberi di fare ricerca “non pilotata” dagli interessi di chi finanzia.
Lo Stato in questo senso e’ stato fino ad ora garante di ricerca
libera.

3) – BLOCCO DEL TURN-OVER
L’articolo 66 reintroduce una fortissima limitazione nel reclutamento
delle Università. Gli atenei per il triennio 2009-2011 potranno
assumere nei limiti del 20% dei pensionamenti (comma 13). Ovvero un
nuovo assunto ogni cinque pensionamenti, sia per il personale docente
sia per il personale tecnico-amministrativo.
Questo provvedimento porterà ad un invecchiamento del corpo docente e
negherà ai ricercatori l’accesso alla carriera universitaria. Le forti
limitazioni all’assunzione di nuovi docenti condurrà ad un ampliamento
massiccio dei corsi di laurea a numero chiuso ed alla soppressione di
corsi laurea non già sulla base di un’attenta valutazione della loro
efficacia, bensi’ per l’impossibilità di garantire la presenza dei
docenti necessari. Si ricorda a questo proposito che l’Italia ha una
media di 1 docente ogni 23 studenti, contro una media OCSE di 1
docente ogni 13 studenti. Dunque pochi strutturati, in previsione
blocco di assunzioni, nel giro di pochi anni (entro il 2013) se ne
andranno in pensione tutti i docenti entrati nel boom degli anni ’70,
portando ad avere ancora meno strutturati.
Oggi, il 50% della didattica/ricerca/tesisti e’ seguita da personale
non strutturato (dottorandi, assegnisti, collaboratori esterni). Si
immagina che, data la coperta corta, in futuro calera’ l’offerta
formativa, che verra’ affidata sempre piu’ a figure precarie
(contratti esterni, assegnisti, etc.) Immaginate: il compito
ISTITUZIONALE dell’universita’ (didattica/ricerca) affidato per piu’
del 50% (attuale) a figure non strutturate nell’universita’. Che
volpi!!!

Conclusione:
Si sta protestando perche’ e’ sbagliato importare un modello che
mutui, dal mondo anglosassone, gli aspetti di disuguaglianza sociale,
di sistema di poche Università di eccellenza, di riduzione di diritti
ed opportunità, mentre non esistono neppure lontanamente le condizioni
per mutuarne gli aspetti di alta produttività scientifica. E a fronte
di una riduzione del 20% dei finanziamenti, anche le Università che
oggi si autodefiniscono “virtuose” saranno trascinate nel gorgo dello
squilibrio finanziario strutturale, strette nella forbice dei costi
crescenti e della riduzione delle entrate.
Siamo preoccupati perche’ tali provvedimenti vanno ben oltre la
congiuntura economico/sociale, ma determinano invece uno scenario in
cui sparisce l’Università italiana come sistema nazionale tutelato
dalla Costituzione, in cui il ruolo pubblico è elemento decisivo della
garanzia per la libertà di ricerca e d’insegnamento e degli interessi
generali del Paese.
Siamo infine consapevoli che molte storture dell’universita’ italiana
(concorsi truccati, baronie, sprechi, etc.) debbano essere eliminate.
E’ proprio da qui, semmai, che bisogna sedersi a riparare e rifondare
l’universita’ italiana!

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