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RITA ATRIA, A ROMA TARGA RICORDO




26 luglio 2009
Roma.
Diciassette anni fa, a una settimana dall’assassinio di Paolo Borsellino, la testimone di giustizia Rita Atria si uccise gettandosi da un appartamento in via Amelia, nel quartiere Tuscolano di Roma, dove viveva in segretezza perché testimone di giustizia.

Un applauso ha accolto oggi l’inaugurazione di una targa in un’aiuola di fronte a quel palazzo in memoria della ragazza siciliana di 18 anni che osò sfidare le cosche rivelando dettagli su padre e fratello, affiliati alla mafia e uccisi nella guerra tra bande. C’erano il fondatore di Libera don Luigi Ciotti, i parlamentari Angela Napoli e Beppe Lumia, il giornalista dell’emittente Tv Telejato Pino Maniaci e Nadia Furnari, dell’associazione antimafia che porta il nome della ragazza. Nascosta e ben protetta dalle forze dell’ordine c’era Piera Aiello, cognata di Rita, anche lei testimone di giustizia. Accanto allo striscione ‘Il sangue non copre la verita” don Ciotti ha ricordato come “questa ragazza ha messo in gioco la sua vita e se la sua tomba a Partanna è senza nome, il suo nome qui è scritto ben chiaro. La politica si assuma le sue responsabilità noi facciamo la nostra parte”. C’era anche la vicina di casa che trovò Rita Atria morente sul selciato e ne tenne la mano fino all’ultimo, e rappresentanti dell’associazione intitolata al capitano Ultimo, che hanno letto un messaggio dell’ufficiale. Furnari ha letto brani del diario di Rita. “Ho paura – vi si legge – che vincerà lo Stato mafioso. La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi ma io senza di te sono morta”.

ANSA

MAFIA: UNA TARGA PER RITA ATRIA, TESTIMONE DI GIUSTIZIA
QUELLI RIUNITI A ROMA IN SEGRETO DICONO,ABBANDONATI DALLO STATO

26 luglio 2009
Roma.
Diciassette anni fa, a una settimana dall’assassinio di Paolo Borsellino, la testimone di giustizia Rita Atria si uccise gettandosi da un appartamento in via Amelia, nel quartiere Tuscolano di Roma, dove viveva in segretezza perché testimone di giustizia. Un applauso ha accolto oggi l’inaugurazione di una targa in un’aiuola di fronte a quel palazzo in memoria della ragazza siciliana che osò sfidare le cosche rivelando dettagli su padre e fratello, affiliati alla mafia e uccisi nella guerra tra bande. Prima della cerimonia una decina di testimoni di giustizia, che in Italia sono 80, si erano incontrati per una tavola rotonda in un luogo riservato con esponenti politici tra i quali Angela Napoli (Pdl) e Beppe Lumia (Pd). “Oggi i testimoni di giustizia si sentono abbandonati, lo stesso abbandono che ha trovato Rita alla morte di Paolo Borsellino”, ha detto Nadia Furnari, animatrice del’associazione ‘Rita Atria’, che ha moderato l’incontro. “Abbiamo ricevuto – ha aggiunto Furnari – l’adesione di Giovanni Russo Spena e di Rita Borsellino, che ha proposto di uniformare in tutta Europa lo status di testimone di giustizia, ma oggi quello che i testimoni chiedono è rispetto della loro dignità nell’essere portati a una nuova vita”. All’inaugurazione della targa c’erano il fondatore di Libera don Luigi Ciotti, Napoli e Lumia, il giornalista dell’emittente siciliana Tv Telejato Pino Maniaci e Furnari. Nascosta e ben protetta dalle forze dell’ordine c’era Piera Aiello, cognata di Rita, anche lei testimone di giustizia. Accanto ad uno striscione con la scritta ‘Il sangue non copre la verita”, don Ciotti ha ricordato come “questa ragazza ha messo in gioco la sua vita e se la sua tomba a Partanna è senza nome, il suo nome qui è scritto ben chiaro. La politica si assuma le sue responsabilità noi facciamo la nostra parte”. C’era anche la vicina di casa che trovò Rita Atria morente sul selciato e ne tenne la mano fino all’ultimo, e rappresentanti dell’associazione intitolata al capitano Ultimo, che hanno letto un messaggio dell’ufficiale. Furnari ha letto brani del diario di Rita. “Ho paura – vi si legge – che vincerà lo Stato mafioso. La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi ma io senza di te sono morta”.

ANSA

Articolo tratto da Antimafia Duemila

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